L’occupazione abusiva di immobile presuppone che un soggetto, privo di alcun titolo, proceda a stabilirsi in un immobile di proprietà altrui. Tuttavia, l’occupazione abusiva può realizzarsi anche quando sia stato concluso un contratto di locazione. Ad esempio ciò accade se il contratto di locazione è scaduto e l’inquilino si rifiuta di lasciare l’immobile.
In caso di occupazione senza titolo il proprietario ha diritto ad ottenere un risarcimento del danno subito, fatto ormai ritenuto implicito dalla maggior parte della Giurisprudenza. Il titolare non dovrà dimostrare il danno patrimoniale, ma una volta fornite al Giudice le prove delle avvenute circostanze, questi procederà alla liquidazione di una somma risarcitoria.
Le S.U. della Corte di Cassazione hanno recentemente disposto i parametri cui affidarsi al fine di quantificare correttamente il danno subito. Nel caso in cui l’occupazione illegittima abbia pregiudicato soltanto la possibilità di godimento del bene da parte del proprietario, il valore del godimento si quantifica facendo riferimento a quelli che sono i canoni locatizi di mercato.
Il godimento di un bene da parte del proprietario è un fatto per così dire “normale”, "noto", quindi se il proprietario allega che, a causa dell'occupazione abusiva, non ha potuto usufruire direttamente del bene oppure lo avrebbe dato in locazione ai canoni di mercato, da parte del convenuto c'è un onere di contestazione specifica, in mancanza della quale, il fatto si considera provato e pacifico.
Laddove, invece, il proprietario lamenti, non solo la perdita del godimento, proprio o indiretto, ma un lucro cessante, un mancato profitto superiore a quello derivante dai canoni locatizi di mercato, ad esempio perché avrebbe avuto la possibilità in quel momento di locare l’immobile a condizioni più favorevoli o di venderlo ad un prezzo superiore rispetto al valore di mercato, questo quid pluris, il maggior canone o il maggior prezzo che il proprietario avrebbe potuto ottenere ma che, a causa dell'occupazione abusiva, non ha potuto ottenere, costituisce, appunto, un lucro cessante e, quindi, un ulteriore profilo di danno, per così dire, conseguenza, che dovrà essere non semplicemente allegato ma anche rigorosamente dimostrato.
Quello che cambia è che con riferimento a quest’ultimo fatto, costituito dalla possibilità di ricavare dall'immobile un utile superiore ai valori normali, essendo straordinario, “non noto” ed essendo in qualche modo dipendente da iniziative particolari di quel proprietario, la Cassazione ci dice il principio di contestazione non opera, perché il convenuto ha l'onere di contestare specificamente fatti normali, ordinari, noti, cioè quelli che effettivamente, diciamo, non dipendendo da iniziative soggettive del danneggiato e di cui la controparte può essere a conoscenza. Laddove, invece, il fatto che viene allegato, è un fatto molto particolare, straordinario, che dipende da iniziative particolari del danneggiato, appunto, non sarà possibile contestarlo specificamente, perché non si saprebbe cosa contestare, ma, al contempo, certamente quel danno, per ottenerne un risarcimento, dovrà essere puntualmente dimostrato dall’attore.
(Dott.ssa Ludovica D'Urso - 10.03.2024)